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MASTODON live 04/02/09 Magazzini Generali

6.2.10


Sopportata a malapena la performance di apertura dei Totimoshi -ma lo stoner pseudo desertico non era defunto e decomposto? bah...- assistiamo ad un concerto meraviglioso.

Si tratta di vedere in azione, in un'atmosfera quasi intima, la band metal che artisticamente parlando si è messa alla guida del neonato millennio.

[è banale questa storia del millennio lo so ma io ci tengo parecchio, retoricamente mi serve a chiarire l'obbligo della musica e dell'arte in generale di compiere una scelta: andare avanti oppure fermarsi ed invecchiare; ecco, i Mastodon stanno superando tutti quasi in solitaria su quella via già indicata dal Re Cremisi]



Dicevo, i Magazzini Generali come locale si godono ma l'acustica fa pietà. Questo però non basta a rovinare uno show micidiale.

Montano due synth a bordo palco. E solo questo mette in crisi la mia percezione teorica dell'universo.
Salgono con la testa bassa e le barbe invadenti.
Parte Oblivion.
Sul maxischermo alla spalle del batterista si proietta una pellicola finta espressionista alla maniera di Svengali-Faust-Dr.Mabuse (delirio) che, citando elementi grafici presenti nel libretto di quel mega-capolavoro di Crack the Skye, accompagna i primi 60 minuti di esecuzione.
L'album viene riproposto in maniera divina a parte l'assenza di un paio di song centrali e qualche vocals traballante.
Chiude il diitico Crack the Skye-The Last Baron, battito accellerato, lacrime, gola secca, vertigini.

Puttana eva che band. Batteria sugli scudi, chitarra solista commovente.

Barba fotonica

Break di sintetizzatori che abbandoneranno lo show di lì a poco.
Parte il revival che pesca da Leviathan, Remission e Blood Mountain; ma non c'è storia, la Frattura nel Cielo è troppo in alto, troppo al di sopra, troppo avanti perchè la mezz'ora finale dello show sia all'altezza dell'esperienza appena precedente.
Cose che accadono quando la tua ultima fatica discografica è un'opera secolare...

Ma ci si diverte alla grande lo stesso, specie l'audience più giovane manifesta gioia incontenibile quando l'apoteosi psichedelica viene spazzata via dal macello sonoro di Iron Tusk e March of the Fire Ants; si scambiano sorrisi, headbanging a mille, mosh.

Mi fanno tenerezza.


E dopo 80 minuti si torna a casa con la dolceamara consapevolezza che il metal oggi possa avere una dignità solo in queste vesti. Che le banducole alla costante ricerca delle nuove Fool 4 Your Lovin' e Back in Black sono destinate solo alla cremazione. Che dare tutto sul palco non significa riproporre alla perfezione ogni passo della pantomima ma essere trascinati per i piedi e le budella dallo strumento che imbracci e da quelle idee immensamente più grandi ed importanti di te ma che dalla tua minuscola volontà sono nate.

L'heavy metal oggi è un'architettura aliena di dimensioni inconcepibili fatta di sangue e metallo nero che "da quassù, domina la valle".
Un monumento.
Un mastodonte.



Metallo Gratia Artis



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