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[R.] 127 ore...

7.3.11

Ipotesi di complotto: E' dal 2006 che l'ormai rinomato "martire" Bear Grylls tenta di persuaderci (passivamente!) di quanto sia pratico e conveniente lo scenario casalingo se contrapposto agli svariati disagi che può comportare un'immersione, improvvisata e condotta alla C.D.C. (cazzo di cane, ndr.), nel selvaggio mondo della natura.
Per noi, voyeuristi inconsolabili bellamente crogiuolati dal candito tepore degli agi costantemente sostenuti da una società "evoluta" come la nostra, Man Vs Wild non è solo un monito da cui NON è consigliabile sconfinare...no.
E' soprattutto una volgare dimostrazione di potere, i classici baffi disegnati col pennello indelebile sul ritratto della natura, la carta e le bottiglie di plastica abbandonate sul ciglio della strada. Per farla breve...è una sfida. LA sfida. Quella che se lanciata in un giorno "no" della natura "son cazzi", per intenderci.Ma allora dov'è il complotto? Cosa si cela dietro ad una pellicola stilisticamente (e musicalmente, stando a quello che afferma l'omino d'oro) interessante come 127 ore?
Mò ve lo spiego eh. Facciamo un balzo in avanti nel tempo. E' il 2010 e ormai Man Vs Wild è un programma affermato non solo sulle reti di
Murdoch ma anche su quelle di Silvio. Danny Boyle (che, se non lo si fosse inteso, è il regista della pellicola in questione.) è un grandissimo fan delle "trasmissioni di successo", lo prova il suo estremo fanatismo nei confronti di "Chi vuol essere millionario".
Ora proviamo ad accantonare, anche solo per un attimo, la curiosità famelica che ruota attorno ad una "vicenda estrema" vissuta in prima persona da un signor nessuno (se paragonato a Grylls) come Aron Ralston. Un'esperienza interessante di cui il sottoscritto, fatta eccezione per qualche remoto e impreciso imput fornito dallo stesso Grylls durante le sue avventure, non ha mai sentito parlare. Aggiungiamo anche che i fatti trattati in 127 ore appartengono al 2003 (vale a dire vecchi di otto anni) e che fino ad oggi nessuno, a parte Ralston stesso, s'è prodigato di far conoscere al mondo l'esperienza di un uomo in bilico tra la vita, la morte e...un masso .
Che cosa si evince? Nulla. A parte l'assoluto vittimismo e dipendenza di Boyle dalla tv, ovviamente.
Ecco dunque svelato il mistero: Boyle dimostra ancora una volta non solo di essere un profondo conoscitore delle mode e delle tendenze che troneggiano nell'etere mediatica ma anche di saperle far fruttare al meglio riproponendocele al posto giusto nel momento giusto. E proprio in virtù di questa sua tendenza qualche domanda, se permettete, è d'uopo farsela.

Malgrado tutto, però, 127 ore risulta essere un film stilisticamente ben costruito, capace di racchiudere al suo interno delle trovate visive originali e di grande impatto. Sicuramente ispirato dall'unica pubblicazione di Ralston ("
Between a Rock and a Hard Place", Atria Books), il film è in grado di riproporre con delle immagini suggestive ed estranianti le percezioni che l'aventuriero ebbe quando si trovò prossimo alla disidratazione, al congelamento e dulcis in fundo...alla morte.
Di certo non mancheranno di stupirvi e al contempo sconvolgervi i delicati dettagli macabri relativi all'amputazione volontaria del braccio su cui, a mio avviso, ruota e si sorregge tutta la struttura del film.
Con questo non voglio dire che il film è stato girato esclusivamente per farvi "godere" della pratica macabra, ma necessaria, di Ralston. Ma a tratti sarà fin troppo chiaro quanto le 127 ore di sana agonia e disperazione siano nulla in confronto ad un unico gesto estremo (che poi, per intenderci, è quello a cui gli spettatori inconsciamente ambiscono).
Non ci sono note rilevanti da riportare per quel che concerne la recitazione. James Franco emerge più per la sua "vaga" (ma funzionale) somiglianza fisica con Ralston che per le sue capacità interpretative. Non che il ruolo richiedesse uno sforzo da Oscar èh! Il personaggio è intepretato bene ma non ci sono degli exploit recitativi degni di nota, tutto qui.
Sempre restando in tema di recitazione, delude un po' la presenza inutile (di fatto) della bellissima Kate Mara , il cui ruolo si riduce ad una semplice "comparsa quasi inutile".
Per il resto vorrei spendere ancora qualche parola sulla componente voyeuristica del film.La telecamera che Ralston è solito portarsi dietro nelle sue avventure, oltre ad essere un elemento caratterizzante del personaggio, è lo strumento primo di comunicazione che il protagonista ha nei confronti del mondo. Come per l'acqua e le scorte di cibo, Ralston tenta di centellinare fino all'ultimo la batteria dell'unico strumento apparentemente inutile e ostentativo che compone il suo magro inventario per favorire una sorta di "
Blair Witch Project dell'agonia", decisamente più efficace del suo antagonista appena citato.
Dulcis in fundo, mi sento in dovere di concedere una o più note di merito sia al montaggio che alla colonna sonora. E sia chiaro! Quest'ultima non mi ha condizionato unicamente per il suo "valore di mercato" (del resto vale solo un Oscar), ma per l'originalità con cui propone (ma soprattutto ripropone!) alcuni pezzi d'elite ormai, credo, dimenticati dai più.

Ah...quasi dimenticavo. Non mancano di stupire anche alcuni "strafalcioni" (voluti o non, mah!?) come quello della foto scattata da una quarta persona sospetta che, in realtà, NON dovrebbe esistere. Segue la prova del "reato":



Strafalcioni a parte, mi sento (in dovere?) di dare a 127 ore un bel 7 1/2.
E più ci penso, più mi convinco che forse questo film meriterebbe un bell'8.


P.S.
Sempre se si esclude la storia di Bear Grylls eh.


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