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RECE - Shutter Island

26.3.10


In questi giorni ne ho sentite di tutti i colori.
Che Scorsese è "
un regista mediocre" ( ai sensi della legge n. 196/03 non comunicherò il nome dell'eretico in questione), che DiCaprio è un "bimbominchia figo" (36 anni, alla faccia del c***o!), che Shutter Island "non è un film horror"...ed è vero! Non lo è.

La trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Dennis Lehane è, in realtà, quanto di più lontano vi sia dallo stereotipo di "horror classico"...per intenderci, quello godibile a suon di "birra e pizza" nelle serate buie e tempestose.
E' un thriller psicologico accademico. Del tipo che leggi solo sui libri, preciso, completo e raffinato.

Scorsese ci propone, con somma maestria, una stimolazione intracranica lunga 138 minuti. Un bisturi che seziona le parti più ombrose della mente umana. Un intervento complesso, portato a termine a pieni voti in tempi record. Dalla sua ha un DiCaprio sempre più maturo e consapevole del proprio ruolo. Lontano dalla "prima donna" proposta da Cameron in Titanic e meno banale del Vallon di "Gans of New York".
Un
Ben Kingley fin troppo abile nelle sue vesti oltremodo misteriose e un Max Von Sydow che potrebbe permettersi tranquillamente il lusso di non recitare (come di fatto accade) tant'è lunga l'ombra della sua esperienza.


Oltre alla bravura inconfutabile di un maestro pluriaffermato e un cast di tutto rispetto c'è il supporto, essenziale, di uno scenario e una fotografia speculari della follia che troneggia sull'isola della paura. La pioggia incessante detta il ritmo degli incubi che tormentano il passato ombroso del protagonista Teddy Daniels. L'inospitalità lugubre di un manicomio giudiziario rievoca costanti analogie con scenari bellici, propri dell'epoca, fin troppo evidenti. Gli scogli, invece, segnano fin da subito i limiti di un'isola che non può e non vuole essere abbandonata.


Dulcis in fundo troviamo una colonna sonora spiazzante. Folli digressioni nell'elettronico sperimentale intercedono al ritmo "classico" e appropriato proposto dagli archi e dal pianoforte.
Come sempre, nulla è lasciato al caso.


A conti fatti Shutter Island mette volutamente lo spettatore in una condizione di rigetto della realtà, per quanto brutale e violenta possa essere. Un'apologia del concetto "la follia genera distruzione, ma anche autodistruzione". Una scala a chiocciola che conduce all'accettazione della follia come costante quotidiana, tragicamente pura e tristemente incurabile.


4 commenti:

The Passenger ha detto...

non amate il mac ma ci volete bene e io vi seguo spessissimo....vedo che ripostate con una certa frequenza ...era ora!

Mr RED ha detto...

Era ora, davvero!
Ultimamente le dita sono meno pesanti del solito...sarà la primavera del c***o!?
Anyway, grazie mille per il supporto ragazzi. Come sempre i vostri sono i "plausi" più attesi.

P.S.
Io a Jobs qualche dindino l'ho dato, èh! :D

Doner ha detto...

ce l'hai fatta.
mi hai convinto a vedere un film di cui non mi è mai fregato un beneamato cazzo

Mr RED ha detto...

MIssion accomplished! ;)